Il giorno 9 dicembre 2024, le classi del primo biennio del Liceo Economico Sociale, accompagnate dalle docenti: Bastone, Franco, Lavorante, Scarinzi e Volpe, si sono recate a Nisida per visitare l’Istituto Penale minorile.
Prima però di raccontare la particolare esperienza vissuta all’IPM di Nisida , risulta doveroso fare una breve narrazione della bellezza del paesaggio che accoglie la piccola isola di Nisida che ha riempito gli occhi e il cuore di stupore e meraviglia degli studenti del LES.
L’isola di Nisida è un grosso scoglio di origine vulcanica a forma di mezzaluna che emerge nella parte orientale dello splendido mare di Pozzuoli; è l’isola più piccola del Golfo di Napoli . Secondo la leggenda, tanto tempo fa, in questa località abitava un giovane molto bello, amato da tutti per la sua grande bontà d’animo, chiamato Posillipo. Nonostante il fanciullo fosse corteggiato da tutte le giovani del quartiere, lui aveva occhi solo per Nisida, una ragazza di campagna, molto bella ma anche tanto malvagia. Nonostante la sua freddezza e indifferenza, Posillipo si innamorò perdutamente di lei, senza però essere mai ricambiato. Dopo tanti anni vissuti sperando invano che Nisida si innamorasse di lui, decise di porre fine alle sue sofferenze d’amore gettandosi in mare. Il destino, però, aveva in mente un destino diverso per Posillipo. Secondo la leggenda Posillipo venne trasformato in uno splendido promontorio bagnato delle acque del Golfo di Napoli. Di contro anche Nisida ebbe un destino simile; venne infatti trasformata nel piccolo isolotto che sorge dirimpetto al promontorio di Posillipo.
Proprio come racconta la leggenda, Nisida sembra un luogo fatato, misterioso, ricoperto da una lussureggiante vegetazione e circondato da acque cristalline; un luogo incantevole di smisurata bellezza, degno di un racconto fiabesco. Tuttavia, poiché ospita il carcere minorile, è vietato l’accesso al pubblico ed è questo il motivo per cui Nisida è inavvicinabile e si può ammirare solo da lontano. Solo in alcuni periodi dell’anno si apre al pubblico e si può visitare attraverso dei tour organizzati dalle associazioni culturali del luogo.
Arrivati a Nisida gli studenti, prima di raggiungere l’Istituto penitenziario, essendo zona ZTL hanno attraversato per quasi due chilometri un tragitto in salita ammirando tutta la bellezza del paesaggio, con il suo meraviglioso mare, le imponenti rocce che sembrano dominare la costa e nascondere storie misteriose quanto antiche, inoltre la ricca vegetazione fa da cornice al tutto, proprio come un’ opera d’arte dall’alto valore estetico.
Giunti finalmente alla meta, non senza fatica, gli studenti sono stati accolti dai volontari della struttura penitenziaria nella sala del Centro Europeo di Studi sulla devianza e criminalità
giovanile; dopo uno scambio di saluti, iniziava un colloquio molto informale con gli stessi.
I ragazzi, infatti, si sono interfacciati con gli educatori ponendo loro diverse domande su come i detenuti trascorrano le giornate, se amano studiare, se il clima tra di loro è positivo, se dimostrano la volontà di cambiare. Gli educatori hanno presentato il carcere minorile di Nisida, come una struttura che ospita 70 giovani detenuti; oggi solo maschi ( in passato era anche struttura femminile) che vengono continuamente seguiti, rieducati per essere reinseriti nella società civile, con l’obiettivo, non sempre realizzato, di offrire loro l’opportunità di rifarsi una vita dignitosa. Il carcere che nell’immaginario collettivo viene pensato come un luogo di chiusura, di isolamento, di frattura con la vita reale, viene invece descritto, dalla voce degli operatori, come un mondo parallelo dell’esistente dove i minori detenuti svolgono varie attività in comune di tipo scolastico, ricreativo e professionale. Presso la struttura sono attivi laboratori di ceramiche, arte presepiale, animazione teatrale, florovivaistica, edilizia, sartoria, ecc…
A raccontare le esperienze personali ed oggettive non sono i minori, ma coloro che li controllano giorno per giorno e che cercano costantemente di incoraggiarli nel cammino verso la redenzione. L’aspetto che più è stato sottolineato dagli educatori è proprio la fatica con la quale si cerca di “aiutare” i ragazzi di Nisida a cambiare vita, a far comprendere loro l’importanza dello studio, della cultura, per dotarli degli strumenti idonei per affrontare il mondo che li aspetta, per dare un nuovo valore alle loro vite, diverso dal precedente. Purtroppo è molto difficile raggiungere questo obiettivo poiché i ragazzi che vengono a Nisida non conoscono altre realtà, se non il quartiere dove hanno vissuto fin dalla nascita e il carcere, come nuova “casa”, rappresenta per loro una nuova opportunità, una diversa agenzia educativa nella quale potersi riscattare per ridare un nuovo senso alla loro vita. Certamente il contesto da cui provengono è di miseria, di povertà educativa e culturale e ciò rende il lavoro degli operatori oltremodo difficile, se non impossibile. La difficoltà maggiore, come sottolineato dagli educatori è proprio farli studiare. Una delle educatrici, infatti, sottolineava come fosse difficoltoso far studiare i minori detenuti anche solo per due ore perché per loro la scuola è assolutamente inutile e imparare è solo tempo sprecato. E’ chiaro che in questo contesto, ogni tentativo volto alla rieducazione e al reinserimento sociale dei ragazzi detenuti, si scontra con il retaggio di arretratezza culturale e sociale che alimenta la realtà di devianza in cui si formano questi ragazzi ed è per questo che è difficile correggere comportamenti che sono così fortemente radicati. I ragazzi di Nisida, purtroppo, difficilmente usciranno dalla realtà carceraria con il proposito di non farvi più ritorno, ma la maggior parte di essi tornerà probabilmente nella stessa realtà in cui si sono formati a intessere quell’intreccio di relazioni
malate, di aspirazioni illusorie, deviate, che porteranno gli stessi a costruire castelli di sabbia, privi di valori autentici e concreti nel processo di edificazione della formazione della persona in quanto tale.
Dal punto di vista giuridico si è parlato dell’art. 27 della Costituzione e, in particolare, del comma 3, sulla funzione rieducativa della pena. Tale riferimento normativo, già ben noto agli studenti presenti, poiché trattato in classe con la prof.ssa di Diritto, stabilisce che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”; la pena quindi, oltre alla funzione punitiva e di riparazione del mal tolto, deve essenzialmente svolgere una funzione rieducativa. Uno degli educatori però faceva rilevare, come riguardo ai minori ospitati a Nisida, più che di rieducazione si debba parlare di “educazione”, poiché tali ragazzi provengono da famiglie con storie di violenza, di degrado, di incomunicabilità nei rapporti con i membri della famiglia, deficitari insomma di quegli strumenti educativi adeguati, per garantire un’evoluzione sana di tutti i suoi componenti. Per tal motivo a Nisida si deve cominciare da zero e a tutti gli operatori della struttura penitenziaria spetta un ruolo importante e difficile allo stesso tempo. La scommessa, quindi, è di motivare questi ragazzi alla vita, far comprendere loro che cambiare è possibile, alimentare la speranza e che in fondo al tunnel si può trovare sempre la luce.
Questa esperienza, di rilevante valore educativo, fa riflettere gli studenti sulla importanza dello studio e della formazione nell’età cruciale dell’adolescenza quando non si possiede ancora una personalità ben definita ed è molto facile lasciarsi coinvolgere in situazioni rischiose perché si è attratti dal miraggio del guadagno facile. E’ chiaro come le scorciatoie presentano sempre insidie e, specialmente nell’attuale momento storico il confine tra il bene e il male è sempre più nebuloso e confuso, di qui l’importanza del discernimento, della consapevolezza delle scelte che quotidianamente si è chiamati a fare e tale consapevolezza può essere raggiunta solo attraverso la conoscenza. Lo studio e la cultura hanno quindi un ruolo fondamentale nella formazione dei ragazzi, non solo per le nozioni in sé che si apprendono ma, soprattutto, perché la conoscenza aiuta a comprendere che certe scelte nella vita possono indurre a intraprendere strade senza vie d’uscita. Probabilmente, molti dei ragazzi di Nisida, non si troverebbe in quel luogo, limitati di un diritto fondamentale, quanto essenziale per la persona, qual è quello della libertà, se avessero avuto una vera contezza sulla gravità delle loro azioni.
La visita al carcere di Nisida, tramite i racconti degli operatori e la visione da lontano di finestre sbarrate, ha permesso agli studenti di esplorare mondi diversi che apparentemente sembrano distanti dal loro vissuto ma che in realtà sono più vicini di quanto si possa pensare, perché può capitare a chiunque di trovarsi in situazioni dalle quali è difficile uscirne.
Tale lezione sul campo è stata molto arricchente e stimolante per gli studenti i quali hanno acquisito maggiore consapevolezza verso i valori e i principi di libertà, di giustizia e di rispetto della persona.
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