IL LES a…Scuola d’Imprenditorialità – 2° incontro

“Il paesaggio non è solo un oggetto da osservare, ma una relazione in continuo divenire”

a cura di Ruggieri Maria Grazia classe 3ª ES1

Le aree interne, spesso considerate luoghi marginali, nascondono una ricchezza che va ben oltre le difficoltà logistiche o l’accesso limitato ai servizi. Sono territori dove il legame tra uomo e ambiente è profondo e incessante, un patrimonio di tradizioni e conoscenze che ha resistito nel tempo. Ma questa ricchezza non è statica: come sottolineava Aldo Leopold, grande ecologo americano, «il paesaggio non è solo un oggetto da osservare, ma una relazione in continuo divenire». La vera forza di questi territori, infatti, non risiede solo nella conservazione del passato, ma nella loro capacità di rinnovarsi, di rispondere ai cambiamenti e di valorizzare le proprie risorse e potenzialità. “Chi corre da solo non arriva da nessuna parte” è un principio che riflette la necessità di una comunità che lavori insieme, riconoscendo le peculiarità del proprio territorio, ma anche aprendosi al mondo per arricchirsi di nuove esperienze e conoscenze. La comunità non è un’entità passiva, ma un organismo vivente che cresce e si sviluppa solo attraverso il confronto e la collaborazione e, in questa visione, la solidarietà e l’interdipendenza diventano la chiave per superare le sfide collettive. Il concetto di beni comuni è centrale in questa riflessione: questi ultimi, intesi come risorse condivise, non sono proprietà di pochi, ma patrimonio di tutti, da custodire e far prosperare. La gestione dei beni comuni, soprattutto nelle aree interne, implica una continua interazione tra comunità e territorio. Non basta solo preservare ciò che è stato, ma è necessario riprodurre e trasformare, in un processo che vada oltre la mera conservazione e punti ad una crescita sostenibile e condivisa. Così come il filosofo e sociologo Simmel parlava della relazione dialettica tra individuo e società: il patrimonio di un territorio vive attraverso la sua costante reinterpretazione e l’interazione tra chi lo abita e l’ambiente che lo accoglie. Non è un dato fisso, ma una realtà fluida, che si rigenera continuamente attraverso le azioni e le scelte collettive. Non si può ignorare, però, che un intervento dall’alto possa essere necessario, soprattutto per quanto riguarda le aree interne più isolate. Questo, però, non deve essere un’imposizione, bensì un supporto che stimoli e potenzi la resilienza e la capacità di autogoverno della comunità, così che essa diventi un territorio che cresce e si evolve, che si dimostra capace di reinventarsi senza perdere la sua identità, che sa valorizzare la propria storia ma anche guardare al futuro. E la gestione dei beni comuni, in questo senso, è un atto di responsabilità collettiva. La comunità, come ci insegna l’antropologo Lévi-Strauss, è il luogo dove le relazioni si intrecciano e dove la cultura si trasforma continuamente. Non basta fermarsi alla nostalgia e alla staticità sicura di ciò che è stato, come ci insegna Gaber col suo “Signor Brown”, ma bisogna guardare al presente con la volontà di trasformarlo, di rendere il nostro patrimonio un motore di sviluppo. Il futuro delle aree interne dipende, dunque, dalla capacità di lavorare insieme, di integrare le risorse locali con saperi esterni, di creare un’alleanza tra passato e futuro. Solo così le comunità potranno affrontare le sfide del nostro tempo, rendendo i beni comuni risorse viventi da curare, proteggere e far prosperare per le generazioni future. Come diceva il poeta Mario Luzi, “la terra non è una risorsa da usare, ma un luogo da abitare”, e abitarla significa prendersi cura di essa, di ciò che è e di ciò che può diventare.